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6 Dicembre 2021

BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ: DEFINIZIONE E APPROCCIO.

Il bilancio di sostenibilità come strumento di rendicontazione? Ecco i benefici per l’azienda e gli stakeholders.

A cura di Claudia Verna e Camilla Tomasetta
[Area Sostenibilità – Unità Ambiente]

Bilancio di sostenibilità o Report di sostenibilità: definizione.

La definizione di Bilancio di Sostenibilità – noto anche come Report di sostenibilità o Bilancio Sociale – è uno strumento di rendicontazione per tutte le aziende che desiderano assumere un comportamento socialmente responsabile.

L’intenzione principale, infatti, è far crescere la trasparenza verso i propri stakeholder: dagli azionisti ai collaboratori dell’azienda, dai fornitori ai clienti, lungo tutta la catena del valore. Fino a comprendere enti del territorio, istituzioni pubbliche, associazioni di categoria e così via.

Qual è la differenza con il Bilancio d’Esercizio? Il Bilancio di Sostenibilità è un documento volontario mentre quello d’Esercizio è obbligatorio per legge e al suo interno deve contenere: i risultati economici ottenuti, la propria situazione patrimoniale e quella finanziaria nell’anno di esercizio.

Il Bilancio di sostenibilità, invece, contiene:

  • Informazioni quantitative e qualitative sugli impatti aziendali in relazione all’ambiente;
  • Le modalità di esercizio della governance e l’impatto sociale interno ed esterno.

Allo stesso modo, gli enti di interesse pubblico e i grandi gruppi[1] sono tenuti a pubblicare la Dichiarazione individuale o consolidata di carattere non finanziario (DNF) [2]. È possibile anche unificare i due bilanci in un unico documento che contiene le informazioni di entrambi: Bilancio di esercizio e DNF per gli enti di interesse pubblico, Bilancio di Esercizio e Report di sostenibilità per gli altri. Il risultato è un autorevole Report Integrato (IR)[3].

Al di là delle distinzioni normative, il bilancio sociale è l’occasione per far trasparire i valori e l’identità aziendale nel loro aspetto più strategico.

Inoltre, coinvolge i diversi portatori di interesse nelle performance di sostenibilità economica, sociale e ambientale, cioè le tre dimensioni della rendicontazione stessa.

Proprio da quest’ultimo punto di vista, il bilancio di sostenibilità può costituire un vero strumento di gestione e controllo. Di fatto, decidere di pubblicare un report sulle performance ESG implica la definizione a monte di obiettivi e un monitoraggio costante delle azioni e dei risultati.

A proposito, spesso si pensa che il primo bilancio vada pubblicato quando l’azienda è riuscita a soddisfare tutti i target individuati e ha raggiunto un percorso di sostenibilità eccellente.

Invece, il bilancio apprezzabile è il più equilibrato. Quello in cui sono riportati i successi, gli obiettivi mancati e quelli solo parzialmente raggiunti. Altrimenti, che senso avrebbe parlare di bilancio?

Rendere conto in modo trasparente anche dei rischi, dei fallimenti, delle sfide e delle opportunità, oltre che dei traguardi raggiunti, è un atto di responsabilità sociale altamente raccomandabile[4], che accresce la credibilità dell’impegno aziendale verso l’opinione pubblica.

Essere sostenibili non significa essere perfetti, altrimenti non parleremmo di “percorsi”di sostenibilità né ci sarebbe la necessità di fissare degli obiettivi di miglioramento nel tempo.

I vantaggi di scegliere il bilancio di sostenibilità.

Il Bilancio di Sostenibilità consente di migliorare la Brand Reputation aziendale che, a sua volta, genera altri benefici significativi. Infatti, integrare la sostenibilità nel tuo business accresce la fiducia da parte dei mercati e la competitività.

Un recente studio condotto da IBM e National Retail Federation su un campione di 19.000 persone in 28 Paesi, fornisce un dato significativo sul comportamento dei consumatori: ben il 40% degli intervistati si identifica come purpose-driven consumer, cioè persone che scelgono un prodotto o un servizio in base ai valori che guidano un’azienda.

Inoltre, si dichiarano disponibili a pagare di più per questo, oltre che a cambiare le proprie abitudini di consumo per ridurre l’impatto ambientale.[5]

Questa fiducia non si riflette solo nella condotta dei consumatori perché può fare la differenza anche nelle scelte dei lavoratori: la garanzia di un adeguato livello di sostenibilità aziendale è tra i criteri primari che orientano le ultime generazioni nel mercato del lavoro. Perciò, dare rilievo alla sostenibilità nelle policy aziendali, migliora le opportunità di attrarre nuovi talenti e fidelizzare i propri collaboratori.

Un buon Rating ESG aumenta anche le probabilità di accedere ai finanziamenti. Il Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile[6], voluto dall’Unione Europea, raccomanda espressamente l’integrazione della sostenibilità nei giudizi di rating e nei requisiti prudenziali degli istituti di credito.

Promuovere uno sviluppo autenticamente sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale è un imperativo che l’Europa si è data con l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e l’adozione dell’Agenda 2030 dell’ONU, senza tralasciare il ramo finanziario.

Inoltre, la sostenibilità è diventata una varabile essenziale nelle valutazioni dei rischi: realizzare un bilancio di sostenibilità consente di riconoscere le criticità relative alle performance ESG (Environment, Social, Governance) e di individuare azioni di miglioramento.

In altre parole, permette di prendere decisioni consapevoli a livello strategico, con l’obiettivo di creare valore a lungo termine. Una realtà dei fatti che il mercato finanziario non può più sottovalutare.

L’ora della rendicontazione.

Cosa comporta la realizzazione di un report di sostenibilità? Proviamo a spiegartelo in poche righe.

Il primo passo è identificare lo standard di rendicontazione da applicare e fare un’accurata selezione delle funzioni aziendali da coinvolgere. Tra i vari standard esistenti, ricordiamo quello sviluppato da Global Reporting Initiative (GRI), un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro, riconosciuta a livello mondiale. I GRI Standards – oggetto di attenta revisione negli ultimi due anni – costituiscono il framework di riferimento più diffuso per il reporting non finanziario. L’indagine condotta quest’anno dal World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) lo conferma: l’82% dei Report di Sostenibilità del campione considerato adotta gli standard GRI[7].

Secondo la Global Reporting Initiative (GRI) è possibile scegliere fra differenti forme di rendicontazione, in base al livello di approfondimento desiderato: “Core” e “Comprehensive”, più completa e complessa rispetto alla precedente opzione. Esiste anche una terza modalità che si chiama “GRI-Referenced”, ma non ritenuta valida dall’autorità italiana per la vigilanza dei mercati finanziari (Consob).

Dopo una revisione durata due anni, il 6 ottobre 2021 è stata lanciata la nuova versione degli “indicatori universali” GRI: quelli che riguardano in modo trasversale tutte le organizzazioni.

La nuova versione è nata per rispondere ad alcune esigenze, come una maggiore fruibilità dello strumento da parte delle PMI o la necessità di integrare nel report l’analisi dei rischi e alcune informazioni obbligatorie relative ai diritti umani.  Una modifica importante all’interno del GRI è la validità della sola modalità Comprehensive, a partire dal 1° gennaio 2023. All’interno di questa modalità ci sarà la possibilità di indicare le ragioni di omissione delle informazioni non rendicontate.

Una volta scelta la metodologia di rendicontazione, insieme al tuo Consulente Esterno o al tuo Sustainability Manager puoi procedere con la mappatura e la scelta su scala prioritaria degli stakeholder che volete consultare. Il loro coinvolgimento, infatti, è propedeutico all’Analisi di materialità: l’individuazione dei temi rilevanti per arrivare a una visione più ampia e inclusiva degli impatti aziendali, sia da un punto di vista interno che esterno all’organizzazione. 

Successivamente, con i dati raccolti, si procede alla definizione degli indicatori – qualitativi o quantitativi – delle informazioni da rendicontare e, infine, si passa alla stesura del report.

In quest’ultima fase è importante essere efficaci a livello comunicativo e richiamare immediatamente un quadro concettuale di valori e impegni condivisi a livello internazionale, come gli SDGs (17 Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite). Per poter incidere davvero, ti consigliamo di selezionare gli obiettivi più adatti al tipo di attività della tua azienda e al suo contesto. Lo scopo è perseguirli concretamente, non solo a scopo comunicativo.

Per concludere, l’aspetto più significativo nella diffusione del reporting non finanziario è dato dal cambiamento di mentalità delle imprese:

  • Dalla preoccupazione di non nuocere all’ambiente all’idea della generazione di impatto positivo;
  • Da una responsabilità sociale ridotta a “buone azioni del venerdì pomeriggio” a una concezione della sostenibilità a 360°.

Una consapevolezza che diventa sempre più integrata nel business aziendale.

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Note

[1] Secondo quanto previsto dal D.lgs. 254/2016, si tratta di organizzazioni con una media superiore a 500 dipendenti durante l’esercizio finanziario e almeno uno dei seguenti requisiti dimensionali: stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro o totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni maggiore di 40 milioni. Per ulteriori dettagli si veda anche art. 16, comma 1, D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39.

[2] Il 21 aprile 2021 la Commissione Europea ha pubblicato una proposta di aggiornamento della Direttiva sul Reporting di Sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD). Tra le principali modifiche, l’ampliamento del perimetro di applicazione: saranno tenute alla rendicontazione delle performance di sostenibilità tutte le imprese di grandi dimensioni con più di 250 dipendenti, le Banche e le Assicurazioni europee, quotate o meno, nonché le PMI quotate sui mercati europei, ad eccezione delle micro-imprese. La nuova Direttiva potrebbe essere adottata nel 2023, con tempistiche di adeguamento diverse in base al tipo di organizzazione e, comunque, a partire dal 2024.

[3] Per maggiori informazioni si rimanda a Integrated Reporting.

[4] Cfr. UNI ISO 26000 – Social Responsibility

[5] Cfr. Meet the 2020 consumers driving change. Why brands must deliver on omnipresence, agility and sustainability.

[6] http://www.astrid-online.it/static/upload/comm/0000/commue_finanz-economia-sost_03_2018.pdf

[7] Cfr. Reporting Matters 2021. Time for a shared vision.


Servizi Collegati

  • Percorsi di sostenibilità;
  • Supporto Assessment di sostenibilità e Gap Analysis;
  • Redazione Bilancio di Sostenibilità.

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