INCIDENTE SUL LAVORO ALLA CENTRALE IDROELETTRICA DI BARGI.
Un altro grave incidente sul lavoro ci porta a riflettere sul processo di analisi del rischio e la necessità di diffondere una maggiore cultura della sicurezza.
A cura di Valentina Cesaretti
[HSE Consultant – Area Sicurezza occupazionale]
Il pomeriggio dello scorso 9 aprile si è avuta la notizia di “un’esplosione” alla centrale idroelettrica ENEL Green Power di Bargi, nel comune di Camugnano (Bologna) presso il Lago di Suviana, sull’appennino bolognese.
Le prime notizie parlavano di circa 15 lavoratori, afferenti a sei aziende, presenti al momento dell’incidente, con 3 morti, 5 feriti gravi e 4 dispersi.
Era in corso una prova di messa in esercizio, che doveva precedere il collaudo ufficiale, che avrebbe concluso alcuni lavori di manutenzione straordinaria appaltati a varie aziende.
I giorni successivi sono stati caratterizzati dall’attesa con il fiato sospeso e con la speranza che i 4 lavoratori dispersi fossero ritrovati vivi pur in presenza di macerie, detriti e acqua ai piani di lavoro, in uno scenario definito dal Comandate dei vigili del Fuoco di Bologna di quattro gravi episodi in un solo incidente: “scoppio, incendio, crollo e allagamento.”
Purtroppo, nonostante il lavoro incessante del personale dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile impegnati nella ricerca dei dispersi, il bilancio finale di questa tragedia è stato di 7 morti e di 5 feriti di cui alcuni in gravi condizioni.
Ancora una volta rimaniamo sconvolti nell’apprendere che anche in luoghi di lavoro gestiti da grandi e strutturate società possano avvenire tragedie di questa entità.
L’IPOTESI PIÙ ACCREDITATA ATTUALMENTE.
Quali sono le ipotesi che possono spiegare che cosa è effettivamente successo? Servirà molto tempo ed attente e complesse analisi per accertare i fatti. Al momento, l’ipotesi più accreditata porta a pensare ad un problema meccanico ad una turbina (un cedimento strutturale) che ha determinato un guasto all’alternatore (installato al piano -8) a cui risulta collegata, che può aver innescato un’esplosione che ha provocato il crollo parziale del solaio sottostante con allagamento del piano -9. Proprio al piano -9 si trovavano i lavoratori che stavano ultimando i lavori di manutenzione sul gruppo 2 dell’impianto. Presumibilmente, c’è stato un surriscaldamento dell’olio lubrificante del cuscinetti che collegano l’alternatore alla turbina.
In questi giorni i Vigili del Fuoco hanno trovato (e consegnato all’autorità giudiziaria) le due “scatole nere”, SCADA che potrebbero aver registrato quanto avvenuto nell’impianto. SCADA è un sistema di supervisione e controllo di cui sono dotate le centrali idroelettriche.
Chi sono i lavoratori coinvolti e quali sono le competenze degli stessi? L’amministratore delegato di ENEL Green Power ha dichiarato che i lavori erano stati affidati in appalto alle miglior ditte presenti sul mercato e che eventualmente, in autonomia, hanno attivato dei subappalti. I tecnici e gli operai presenti erano esperti e provvisti delle migliori attestazioni di specializzazione e competenza. Due lavoratori risultano dipendenti di Enel Green Power, gli altri afferiscono a ditte esterne.
Era stata eseguita una corretta e puntuale analisi dei rischi? Erano state adottate “tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori” (art. 2087 Codice Civile)? Erano state adottate tutte le possibili “misure di tutela” di cui parla l’art.15 del D.Lgs 81/08?
Sono tanti i punti di domanda riferiti al processo di analisi di rischio, alla corretta gestione degli appalti, alla formazione del personale, alla corretta preventivazione della gestione delle emergenze, all’organizzazione del lavoro (era necessario avere in fase di collaudo 15 lavoratori in centrale?), alla regolare manutenzione degli apparati, degli impianti e dei dispositivi di sicurezza e di controllo.
Ancora una volta dobbiamo rassegnarci a una triste attesa che porterà ad individuare le responsabilità dell’accaduto.
In assenza di risposte si assiste ad una richiesta generalizzata di introduzione di nuove regole, nuove norme, modica del “codice degli appalti”, inasprimento delle pene. Forse per il futuro potrà servire anche questo, ma la riflessione da fare è se quello che c’è, quello che conosciamo, poteva servire ad evitare questo e tanti altri incidenti che si sono verificati in passato.
LA CULTURA DELLA SICUREZZA.
Siamo assolutamente convinti che ci sia ancora da fare un grande investimento sulla “cultura della sicurezza” e quindi sulle scelte, sugli atteggiamenti, le convinzioni, le percezioni e i valori condivisi da parte di tutti i membri dell’organizzazione (datori di lavoro, dirigenti, lavoratori, ecc.) in relazione alla sicurezza. Al vecchio approccio basato sul “controllo” e sul rispetto della regola occorre definitivamente aggiungere un approccio basato sulla “consapevolezza” che tragga origine dai processi di analisi di rischio. Cultura della sicurezza intesa come quell’attitudine al rispetto e alla cura dell’uomo lavoratore che governa tutti i processi lavorativi e che influenza e determina il comportamento di tutti coloro che a vario titolo ne sono coinvolti (progettisti, analisti, costruttori, datori di lavoro, lavoratori).
Per adesso occorre accettare una nuova sconfitta del sistema lavoro e del tradimento di quanto previsto dall’art. 41 della Costituzione Italiana “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. “